"Cosa conta davvero e perché?" La domanda guida Il valore della vita, l'ultimo libro del Professor Sebastiano Maffettone, ordinario di Filosofia politica del nostro Ateneo, pubblicato da LUISS University Press.
"Il libro ha un titolo troppo ambizioso per essere vero, perché è ovvio che nessuno conosce il valore della vita" commenta il Professor Maffettone. "Quello che sappiamo è che un tema così centrale è poco affrontato nella filosofia occidentale, mentre è tipico nella filosofia indiana e cinese. L'arte e la religione offrono un approccio più diretto rispetto alla filosofia, che però ha il vantaggio di cogliere le complessità più in profondità. La filosofia impiega più tempo ma attraverso molta riflessione ci arriva meglio".
Rivisto dopo vent'anni dalla prima pubblicazione, il libro sostiene la tesi che non ci siano evidenze immediate per comprendere il valore della vita, ma interpretazioni plurali e personali. "La mia teoria è che il vero valore della vita consista nel pensare alla vita. Secondo Socrate, una vita che non viene esaminata con regolarità non vale la pena di essere vissuta. Questa scelta critica non si affida alla prima intuizione ma cerca di connettere il tutto, di costruire una riflessione tra il soggettivo e l'oggettivo e di passare attraverso etica e metafisica".
L'intento del libro è arrivare a un pubblico più ampio possibile, non solo fra i lettori di filosofia."Tutte le filosofie occidentali del Novecento hanno in comune l'anti-metafisica. A mio avviso, invece, la metafisica e la speculazione perpetua non devono esaurirsi perché le visioni del mondo sono tante e ognuna ha una buona ragione per sostenere il proprio valore della vita. Il pluralismo è nella struttura del mondo così come lo pensiamo. Non è un incidente, è la regola".
Se nel mondo classico vigeva la concezione di una realtà unica, oggi è concepibile solo un pluralismo intrinseco. "Da una parte, l'etica ha un valore soggettivo e comporta sempre un pluralismo intrinseco. Dall'altra, c'è una componente oggettiva del valore come unità organica: la somma delle parti è inferiore al tutto e la vita si misura nella totalità e non nelle singole parti, come la musica di un'orchestra. Il concetto di felicità come autorealizzazione (Eudaimonia) di Aristotele, per quanto pensato per un mondo arcaico fatto di poche persone privilegiate, è sempre attuale per la dissociazione basilare che pone: cerchiamo di capire quello che vogliamo per noi ma pretendiamo un responso oggettivo e universale".
Anche la letteratura aiuta a cogliere la complessità del problema. Le storie e gli scritti di Lev Tolstoj ricorrono in molti momenti del libro legando la ricerca del valore della vita all'esperienza della morte. "L'aneddoto della fuga da casa a ottantadue anni di Tolstoj dimostra che una scelta di vita drammatica può avvenire a ogni età, non solo da giovani. Nel racconto La morte di Ivan Il'ič compariva già una riflessione fondamentale sulla mortalità dell'uomo, che è sempre soggettiva, molto personale. La morte deve essere coerente con i principi perseguiti in vita dall'uomo: come la morte di Socrate, che sceglie di rispettare fino in fondo quella stessa legge che lo ha condannato. Perché quali altre evidenze abbiamo per valutare il valore della vita se non quello che abbiamo realizzato e predicato durante essa?"
L'ultima parte del libro è dedicata all'analisi dei casi che incrociano etica e politica. "Non c'è niente di intuitivo nelle questioni di bioetica e non ci sono soluzioni facili" conclude il Professor Maffettone. "La verità è che ogni decisione sulla vita è anche politica perché coinvolge le scelte delle persone. Nessuno sa quando e come una vita possa definirsi come tale e coloro che si ritengono certi per intuizione sbagliano. La scienza non dice mai cose del genere, solo le decisioni etico-politiche possono farlo. Occorre bilanciare interessi e valori diversi prima di trarre qualunque conclusione politica, appellandosi quando possibile all’idea che siano coloro che poi subiranno le conseguenze delle leggi a decidere".