"Il 2015 potrebbe essere ricordato come lo spartiacque tra i tempi in cui il cambiamento climatico veniva negato e quelli in cui è divenuto la nuova normalità". Questa frase apre il prologo di Cambiamento climatico, ultima uscita della collana Piccole Introduzioni della LUISS University Press. L'autore è Marcello Di Paola, docente LUISS e membro del Center for Ethics and Global Politics, che analizza il problema attraverso prospettive differenti: quelle della scienza, della politica, della giustizia, dell'economia e dell'etica.
"Il cambiamento climatico è un fenomeno complesso, multidimensionale e interdisciplinare, che sfida alcuni parametri fondamentali delle nostre teorie e pratiche politiche ed economiche, perfino alcuni fondamenti dei nostri attuali sistemi etici" spiega il Professor Di Paola. "Nel libro, ho cercato di mettere in evidenza le contraddizioni e gli imbarazzi concettuali e pratici che il cambiamento climatico genera per individui, collettività e istituzioni. Le varie prospettive discusse fanno emergere il fatto che il problema del cambiamento climatico è, al fondo, una questione di valori: una sfida a ripensare ciò che conta per l'umanità e come raggiungerlo. Non ci sono soluzioni univoche e risolutive, né potranno essere meramente tecniche. Sia l'atteggiamento delle istituzioni che delle collettività e degli individui di fronte a questo fenomeno vanno discusse in modo critico e bisogna decidere quali pilastri della nostra cultura vadano rimessi in discussione".
Da un punto di vista scientifico, il cambiamento climatico è ormai innegabile. "Il principio fisico-chimico alla base del riscaldamento atmosferico è elementare nei suoi fondamenti e basta un esperimento condotto in casa per comprenderlo. Le inevitabili difficoltà nel valutare gli effetti precisi su sistemi complessi, ecologici come sociali, in particolare a lungo termine, non significano che il cambiamento climatico non esista o che ci siano dubbi sulla sua enorme potenziale malignità. La scienza deve trovare il modo più efficace per comunicare le sue verità sul clima a un'opinione pubblica in genere poco interessata all'argomento. La comunicazione diviene fondamentale. Questo vale non solo per il clima ma anche per tutto ciò che ha a che vedere con la sostenibilità: non possiamo pensare che i dati parlino per se stessi e siano sufficienti a mobilitare coscienze e politiche. Questi dati sono spesso implicite denunce dell'insufficienza o incongruenza dell'attuale status quo, non solo politico ed economico ma anche etico e culturale, e lo status quo è sempre molto attraente per tutti".
Guardando all'aspetto giuridico, uno dei punti chiave della politica climatica globale è il Principio di responsabilità comuni ma differenziate, che fa parte della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico firmata nel 1992 a Rio de Janeiro. "Il principio di responsabilità comuni ma differenziate nasce con il diritto ambientale come tentativo di suddividere le responsabilità in modo leggibile, secondo un'idea del 'chi rompe paga' basata sulla responsabilità storica - arricchita anche da considerazioni di equità e di vulnerabilità e capacità differenziate. È un principio di giustizia globale innovativo e importante, ma che lascia aperte delle ambiguità che non l'hanno fatto funzionare in pratica - come il fatto di tenere in considerazione solo le emissioni degli stati e non delle aziende, in particolare le multinazionali dell'energia fossile, o il fatto che alcuni paesi considerati 'più poveri', come Cina e India, emettano pochissimo a livello pro-capite ma tantissimo nell'aggregato".
Anche le riflessioni generali sull'etica mostrano che i nostri sistemi di valori hanno grandi difficoltà nel negoziare il problema climatico. "Nel campo dell'etica si discute non solo di responsabilità dei governi e degli individui gli uni verso gli altri di fronte al fenomeno, ma anche di come pensare a e condurre le nostre relazioni con il mondo naturale e le future generazioni. I nostri sistemi etici attuali non ci forniscono indicazioni chiare su quali e quanti obblighi morali abbiamo verso la natura e la posterità, in particolare quella più distante. In larghissima misura, sta alla nostra coscienza individuale e collettiva definire il valore di queste relazioni e il loro significato nelle nostre vite. Rispetto a questi argomenti il disorientamento, sia teorico che pratico, è ancora fortissimo. D'altronde, il cambiamento climatico è almeno in parte dovuto all'adozione di strategie di sviluppo e di costruzione di consenso politico e di concezioni del benessere personale e sociale basate sul rendimento a breve termine".
La XXI Conferenza delle Parti (COP 21) appena conclusa a Parigi ha aperto la possibilità di un impegno concreto per contenere le emissioni di anidride carbonica da parte dei paesi membri delle Nazioni Unite. "Di certo è positivo che il problema venga riconosciuto in modo ufficiale e che ci siano molte proposte nazionali per l'abbattimento delle emissioni" commenta il Professor Di Paola. "Tuttavia, anche realizzando tutte queste proposte - che sono comunque proposte, non impegni legali - si stima che non si riuscirà a contenere il cambiamento del clima entro i livelli consigliati dalla scienza. È probabile quindi che le grandi potenze stiano lavorando soprattutto per dare segnali forti ai mercati e per stimolare nuovi settori di investimento energetico che ci aiutino a superare l'attuale dipendenza dai combustibili fossili. E se l'industria del fossile si oppone, ci sono oggi altre industrie altrettanto se non più potenti - come quelle delle assicurazioni - che spingono per accordi netti, ambiziosi e vincolanti. Ci sono molte soluzioni di mercato possibili. Il problema è non scambiare la velocità dei mercati con quella degli effetti dei loro movimenti, i quali possono essere anche molto lenti. Il cambiamento del clima, invece, si sta velocizzando".