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Le conseguenze giuridiche e politiche del Jobs Act

Il Professor Pessi presenta una tavola rotonda in LUISS sugli effetti della nuova riforma del lavoro

Il 24 dicembre 2014 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo definitivo del Jobs Act, la riforma del lavoro che negli ultimi mesi ha suscitato molte critiche e mobilitato ampia parte del dibattito pubblico. Mercoledì 21 gennaio LUISS ha organizzato un convegno dedicato a questo decreto e ai suoi possibili effetti sul mercato del lavoro e sullo scenario politico, i cui lavori sono stati introdotti dal Professor Roberto Pessi, Ordinario di Diritto del Lavoro e Prorettore alla didattica della LUISS.

Roberto Pessi LUISS

In un articolo scritto per il Massimario di Giurisprudenza del Lavoro (la rivista giuridica del quotidiano Il Sole 24 Ore), il Professor Pessi sostiene che il Jobs Act abbia riaperto un conflitto politico di lunga data riguardo ai licenziamenti individuali e collettivi da parte delle aziende. "Ciò che colpisce nella polemica – sostiene il Professore - è la riflessione che la disciplina non interessa, come fu per la riforma del lavoro del 2012, il personale in servizio, ma soltanto i nuovi assunti. Si tratta, quindi, di una modifica che avrà i suoi primi effetti al concludersi dell'attuale decennio e che si concretizzerà in modo significativo in quello successivo".

Da un punto di vista giuridico, l'obiettivo dell'intervento è quello di portare a compimento la riforma dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori già avviata dalla legge n. 92/2012. "La nuova disciplina dà un ordine logico al procedimento valutativo del giudice, che nella sua prima fase è riferito solo alla qualificazione della tipologia del licenziamento (discriminatorio, disciplinare, economico); poi, svolto il processo, a qualificare il licenziamento come legittimo o illegittimo. Qui, e solo qui, entra in gioco il fatto giuridico".

La nuova disciplina conserva il reintegro in caso di licenziamenti giudicati discriminatori o illeciti, ma lo esclude per i licenziamenti per motivazione economica, sia individuali che collettivi. "La scelta ha incontrato l'apprezzamento del mondo imprenditoriale e le accese critiche delle organizzazioni sindacali. In realtà, l'esclusione della reintegra per i licenziamenti economici individuali o plurimi era già passata nella legge delega. Quello che era inatteso era l'esclusione della reintegra anche per i licenziamenti collettivi. L'attuale impianto normativo è tutto centrato sull'accordo che supporta il potere sindacale nel negoziato. L'esclusione della reintegra, se non toglie la centralità dell'accordo, ne ridimensiona la necessarietà".

"È una riforma per il futuro con un lunghissimo periodo di transizione – prosegue il Professore - in cui convivranno regole vecchie e nuove riguardo ai meccanismi sanzionatori per i licenziamenti illegittimi". Tuttavia, siamo di fronte a un'evoluzione della specie: "Torna centrale il ruolo dell'esecutivo; si ripropone la sintesi storica dei partiti protagonisti riformisti; si rivalorizza il modello delle partecipazioni statali; si recupera la funzione del collocamento nella versione dinamica e pluralista dei servizi per l'impiego; si ridimensiona la funzione di intermediazione delle organizzazioni sindacali, ritenute non più rappresentative dell'intero universo della classe lavoratrice. Tutto ruota intorno alla 'disintermediazione' sociale che si proietta come la nuova stella cometa del ridisegno degli equilibri costituzionali".

L'incontro Jobs Act e riforma del mercato del lavoro si è tenuto mercoledì 21 gennaio alle ore 15:00 nella Sala delle Colonne della sede LUISS di Viale Pola e ha visto discutere sul tema, oltre al Professor Roberto Pessi, i giuslavoristi Edoardo Ghera e Franco Liso, l'Onorevole Carlo Dell'Aringa e il Professore di Macroeconomia Pietro Reichlin.