Social Guerrilla, il nuovo libro del Professor Paolo Peverini pubblicato da LUISS University Press, affronta da un punto di vista semiotico le forme contemporanee di comunicazione non convenzionale nelle strategie di costruzione delle campagne e nei loro effetti sul pubblico.
"L'espressione unconventional è tanto accattivante quanto problematica", spiega il docente LUISS di Semiotica dei Media. "Una campagna può essere definita non convenzionale solo nella misura in cui viene pianificata e fatta circolare nel sistema dei media a partire da una riflessione preliminare sulle forme più consolidate e codificate di comunicazione in vista di una loro ridefinizione. In altri termini, le modalità di comunicazione sociale più innovative sono quelle in grado di fare presa sullo spettatore studiandone a monte le mosse interpretative: a tutti gli effetti, si tratta di vere e proprie forme di imboscata".
Social Guerrilla si sofferma in particolare sull'analisi di alcune campagne di sensibilizzazione di soggetti attivi come le ong, le istituzioni, il terzo settore. "Il presupposto che guida l'ideazione e la realizzazione delle campagne più radicali di social advertising consiste nel non rispondere frontalmente allo scetticismo del pubblico, ma nell'aggirare le difese dell'interlocutore costruendo una situazione discorsiva imprevedibile: una 'trappola semiotica' tanto più efficace quanto più in grado di trasformare il dubbio, l'indifferenza e i pregiudizi del destinatario in un'azione di sensibilizzazione".
Questo tipo di campagne è frutto di una strategia complessa, che coinvolge un insieme di tattiche ("ambient, viral"), tecniche ("stickering, uso di oggetti, flash mob…") e dissimulazioni in cui il tema al centro della campagna ("tutela dei diritti umani, salvaguardia dell'ambiente...") viene celato dietro l'apparenza di un discorso familiare. "Le più innovative azioni di comunicazione non convenzionale sono quelle che sfruttano azioni quotidiane, apparentemente ovvie e banali, come attraversare le strisce pedonali (coperte di adesivi che riproducono le vittime di incidenti stradali), afferrare una maniglia in un mezzo pubblico per mantenere l'equilibrio (rivestendola di un adesivo che ritrae il volto di un condannato a morte) o sollevare il coperchio di un cassonetto (al cui interno viene inserita un'immagine del primo piano di un senzatetto che invoca un aiuto). Costringendo il destinatario a prendere parte a una situazione funzionale, la campagna lo sollecita a prendere una posizione nei confronti del tema sociale, lo spinge a sostenere l'organizzazione e a diffondere il messaggio".
Nel puntare sull'effetto sorpresa e sulla costante idea di novità, il social guerrilla si costringe a elaborare soluzioni espressive sempre nuove e per questo viene considerato un fenomeno in costante evoluzione. In più, "non bisogna dimenticare che la progressiva assuefazione alla rappresentazione del dolore alimentata anche dai media costringe i soggetti operanti nel sociale a rinegoziare costantemente le forme del proprio discorso, a trovare modi alternativi per aggirare un'indifferenza diffusa".
Un caso particolare riguarda i media digitali e in particolare i social network, che spesso favoriscono la circolazione delle campagne di sensibilizzazione più innovative. "Se consideriamo le piattaforme social non tanto come tecnologie ma come veri e propri ambienti mediali appare chiaro che le prospettive di sviluppo del social guerrilla sono legate alla capacità di comprendere e utilizzare le logiche della produzione e condivisione dei contenuti".
Due casi significativi citati da Peverini a questo proposito sono le campagne di Amnesty International denominate Tyrannybook e Trial By Timeline: "due tentativi di ridefinire le forme della narrazione sulla tortura e sulla pena di morte. Nel primo caso, l'azione è consistita nel prefigurare un potenziale social network sul modello di Facebook con i profili di dittatori implementabili dagli attivisti e dai sostenitori dell'organizzazione. Nel secondo caso, i contenuti degli utenti (previo consenso) sono stati utilizzati per mettere in scena un'ipotetica condanna costringendo i soggetti a riflettere sul legame tra libertà d'espressione e reti sociali. In entrambi i casi l'originalità della campagna si fonda su un'analisi accurata della struttura e dei modi d'uso consolidati dei social network, e sulla provocatoria rinegoziazione della loro forma".