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Leviatano 2.0: l'evoluzione dell'autorità di Stato

Il Professor Charles S. Maier di Harvard presenta in LUISS il suo libro sull'autoritarismo nella storia moderna

48amProfessore di Storia alla Harvard University e per questo semestre visiting professor alla LUISS, Charles S. Maier lo scorso 13 ottobre ha tenuto una speciale presentazione in Università del suo ultimo libro: Leviathan 2.0. Alla presenza dei professori Leonardo Morlino, Sergio Fabbrini, Sebastiano Maffettone e Giovanni Orsina, Maier ha raccontato perché ha deciso di confrontarsi con un concetto centrale della storia della filosofia politica come il Leviatano, la mitologica figura che Thomas Hobbes nel 1651 utilizzò per descrivere la sua visione dello Stato autoritario.

"È stato un esercizio di periodizzazione", racconta Maier. "Mi è stato chiesto di contribuire a un lavoro sulla storia globale incentrato sulla fase che va dalla seconda metà del XIX secolo fino alla prima metà del XX. Molti storici tendono a vedere nella Rivoluzione francese o americana la base di questa era, mentre il mio intento era mostrare come entrambe siano parte di una stessa fase di dissolvimento del Leviatano 1.0 che anticipa il Leviatano 2.0 e una nuova forma di autoritarismo fra Ottocento e Novecento".

Al centro del libro, quindi, l'evoluzione degli stati occidentali nel passaggio che va dal colonialismo fino alle due Guerre mondiali, quando lo Stato riscopre quegli elementi essenziali di potere coercitivo e di ordine legale. "Il Leviatano 1.0 di Hobbes era uno Stato che aveva bisogno di sovranità e di assolutismo per sovrastare la potenza della Religione. Il Leviatano 2.0 si sviluppa invece in un periodo di trasformazioni tecnologiche in cui alla sovranità si sostituisce l'importanza del controllo dei territori".

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Quella del controllo della territorialità è una delle tesi fondamentali del lavoro di Maier: "Il Leviatano 2.0 è la sconfitta delle tribù e delle comunità, ovvero di quelle unità che non avevano potere territoriale. Lo Stato moderno esercita il controllo tramite la chiara rappresentazione di un territorio con dei confini precisi, delle persone che vi appartengono e dei poteri esercitati dentro e fuori da quei confini". I totalitarismi del Novecento sono senza dubbio fra i risultati più perversi ed estremi di questa ridefinizione dello Stato come unità di controllo e autodifesa, in cui "il Potere si esercita tramite grandi proclami su ciò che lo Stato deve o non deve fare".

In chiusura, il libro accenna anche alle più recenti crisi politiche ed economiche avvenute in seguito agli anni Settanta e all'ipotesi che si stia formando un Leviatano 3.0. "È un modo un po' provocatorio di intendere alcune utopie contemporanee che si confrontano con le forze grandi e oscure dei movimenti popolari. L'idea di democrazia si sta ridefinendo in base alla presa e al richiamo che questi corpi meravigliosi esercitano a livello internazionale, ma il problema è che non funziona sempre così". Attraverso un'analisi della storia e del pensiero critico sull'etica politica degli ultimi due secoli, il libro traccia quindi l'avvio per una riflessione sul futuro: "una riflessione che, guardando il passato, ci dice dove dovremmo andare; o meglio, dove non dovremmo arrivare".