Nell’articolo analizza il modo in cui la Corte costituzionale italiana (ICC) – in rifermento ai diritti fondamentali – ha cercato di riformulare il rapporto tra il diritto dell’UE e il sistema giuridico italiano attraverso due sentenze “chiave”. Quali sono le questioni cruciali che emergono dalle decisioni della Corte prese in esame?
L’articolo, che anticipa un libro sul quale sto lavorando e che uscirà nel 2022 per Oxford University Press con il titolo The Nature of EU law: Direct Effect, si occupa, in particolare, di due pronunce della Corte costituzionale, entrambe molto celebri: la n. 269 del 14 dicembre 2017 e la n. 115 del 31 maggio 2018. In queste due pronunce la Corte costituzionale affronta il tema dei rapporti fra diritto dell’Unione europea e diritto nazionale. Lo fa giungendo a conclusioni e a elaborazioni che, almeno dal mio punto di vista, sono molto diverse da quelle che hanno ispirato per anni la Corte costituzionale e il rapporto tra le due Corti, europea e costituzionale. Prima di capire perché la Corte costituzionale abbia adottato un approccio diverso e, dal mio punto di vista, non corretto, c’è da dire che a seguito della pronuncia n. 269 e successivamente alla pronuncia Taricco II (la n. 115) la Corte costituzionale ha limitato in misura significativa la sua impostazione orientata a challenging EU constitution law. Dopo questo filone che inizia con la 269, assistiamo, cioè, a una rimodulazione, seppure parziale, dell’impostazione della Corte costituzionale.
Le due pronunce sono le più commentate degli ultimi decenni dagli studiosi del diritto europeo e del diritto costituzionale. Nella 269 il tema è quello della tutela dei diritti fondamentali, quindi una categoria molto ampia. La suddetta decisione prevede che il giudice comune – che vuol dire le autorità giurisdizionali italiane, inclusa la Corte di cassazione – deve sollevare la questione innanzitutto davanti alla Corte costituzionale quando c’è un problema di incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione europea ogni volta che c’è in gioco la tutela dei diritti fondamentali. Quindi prima il giudice deve andare di fronte alla Corte costituzionale e poi eventualmente di fronte alla Corte di giustizia: il risultato è un importante accentramento di poteri e competenze in capo al Corte costituzionale e a tutto svantaggio della Corte di giustizia dell’Unione europea. Questo lo dice anche quando, e qui entriamo in un tema che per gli europeisti è centrale, la norma UE che tutela i diritti fondamentali del diritto dell’Unione europea è immediatamente applicabile ed è quindi suscettibile di portare ad una disapplicazione del diritto nazionale contrastante con il diritto europeo.