Da almeno un decennio è letteralmente esploso il numero di iniziative promosse da nutrizionisti, scienziati dell'alimentazione e media, dirette ad incoraggiare la diffusione di regimi alimentari a ridotto apporto calorico, basati su prodotti con bassa presenza di grassi, zuccheri e sodio. Tali iniziative creano associazioni dirette ed indirette con salute e benessere, e per differenza tendono ad attivare sensi di colpa sempre più forti verso tutto ciò che rientra nella sfera del "piacere" legata ai consumi alimentari.
Così "salute = consumo di cibo a ridotto apporto calorico e povero in grassi, zucchero e sodio" sta diventando il principale messaggio di alcune organizzazioni pubbliche e private che si pongono l'obiettivo di orientare il consumatore verso modelli alimentari predefiniti e assertivamente salutari. Una delle modalità utilizzate per diffondere questo messaggio è la diffusione pervasiva di etichette nutrizionali Front-of-Pack (FoP) in grado di fornire al consumatore informazioni semplici, facili da vedere e quindi capaci di influenzare, talvolta in modo quasi implicito, le sue scelte verso le opzioni giudicate migliori, secondo gli schemi definiti da diversi attori pubblici o privati, per la sua alimentazione e quindi la sua salute. Sono di fatto modelli che si ispirano al cosiddetto "paternalismo libertario", ovvero alla teoria del nudging.
I sistemi di etichettatura
I sistemi di etichettatura si distinguono fondamentalmente fra "interpretativi" (o valutativi) e "informativi". All'interno dei primi rientrano tutte quelle etichette che, attraverso il trattamento di informazioni quantitative, propongono una valutazione di tipo qualitativo espressa in forma sintetica tramite immagini o simboli di facile interpretazione (ad esempio mediante colori). Esempi di questa categoria sono il Nutri-Score francese, il Multiple Traffic Light inglese, l'Health Star Rating System australiano. Di natura radicalmente diversi, invece, sono le b "informative", come ad esempio il Guideline Daily Amount (GDA), che inseriscono invece sul fronte del packaging solo le informazioni riguardanti le calorie ed i nutrienti, senza generare valutazioni interpretative pre-definite e assertivamente oggettive.
L'ispirazione di fondo che caratterizza le etichette interpretative è indirizzare il consumatore verso l'acquisto di cibi con un basso contenuto di alcuni specifici ingredienti (grassi, zucchero e sodio), anche indipendentemente dalla frequenza di assunzione del cibo stesso, dallo stile di vita di chi lo assume e dalla provenienza dei componenti sostitutivi di tali ingredienti. In parallelo si tenta di frenare in modo "dirigistico", ben più che paternalistico, il consumo di alimenti con un contenuto di questi specifici nutrienti, creando un collegamento diretto tra la riduzione drastica dei consumi di questi cibi, la percezione di seguire una dieta salutare e la riduzione dei problemi dilaganti di sovrappeso e obesità.
In realtà non vi sono ancora chiari, univoci e incontrovertibili riscontri degli effetti positivi del collegamento tra i differenti sistemi di etichettatura, i comportamenti conseguenti e la salute dei consumatori. Quello che per adesso è possibile confermare è solo una generale maggiore efficacia delle etichette interpretative rispetto alle informative, perché più facili da comprendere e maggiormente intuitive, specie nel confronto tra due o più prodotti della stessa categoria.
Sembra invece emergere come l'applicazione di etichette nutrizionali interpretative Front-of-Pack (FoP) tenda a favorire la contrapposizione assoluta tra cibo-virtù e cibo-vizio, dove il primo riferisce ai prodotti alimentari che contribuiscono in maniera funzionale alla salute, mentre il secondo è tutto ciò che si associa a prodotti edonici, piacevoli ed irresistibili.