Martedì 15 gennaio la Camera dei Comuni ha sonoramente bocciato il deal che con molta fatica e ancor più ondeggiamenti Theresa May aveva alla fine concordato con l'Unione Europea: 432 deputati hanno votato contro l'accordo e 202 a favore. Si tratta della più pesante sconfitta subita da un governo britannico in un voto parlamentare nei tempi moderni. Per il governo, sono mancati all'appello non solo i voti dei 10 deputati nord-irlandesi del DUP, ma anche quelli di ben 118 deputati conservatori. Più di un terzo dei deputati conservatori ha votato contro il proprio leader.
Mercoledì 16 gennaio la Camera dei Comuni ha respinto la mozione di sfiducia al governo May presentata dal leader laburista, Jeremy Corbyn: 325 deputati hanno votato a favore del governo, 306 contro. In questo caso sia i deputati del DUP, sia i 118 deputati conservatori "ribelli" hanno votato a favore del governo, confermando la loro fiducia in Theresa May. C'è una logica dietro questa apparente contraddizione. L'esito più probabile della caduta del governo May sarebbe stato un governo laburista, o subito, o – più probabilmente – dopo elezioni generali. Nessun deputato conservatore, per quanto avversi Theresa May e il suo deal, metterebbe in gioco il proprio seggio nell'attuale clima di opinione. Tanto più se l'esito più probabile è quello di un governo laburista, la cui leadership è al momento attestata sulla posizione di una Brexit più soft di quella negoziata dalla May.
Ad ogni modo, al netto di tutto questo, le due votazioni hanno lasciato solo due certezze: Theresa May è ancora Primo Ministro; l'accordo da lei raggiunto con Bruxelles è inutile, a meno che non vengano introdotte delle modifiche. Difficile però capire quali.