Comunque lo si voglia giudicare, Marx era e rimane uno dei personaggi più ingombranti nella storia della cultura. Questo non solo per le sue teorie ma anche perché è stato un capo politico carismatico. In nome delle sue idee, milioni di persone hanno eretto barricate, hanno cambiato stile di vita, hanno lottato per la giustizia, hanno costruito imperi ma anche fatto morire e ridotto in condizioni di miseria materiale e morale miliardi di esseri umani.
Quanto è accaduto nel secolo ventesimo in Russia, Cina, Vietnam e Cuba – per citare solo i casi più clamorosi – non può certo essere dimenticato, come non può esserlo la congiunzione anche teorica tra comunismo e totalitarismo. Naturalmente, in casi del genere è difficile far risalire a Marx stesso la responsabilità di tante conseguenze storicamente e politicamente rilevanti, essendo queste sicuramente al di là delle sue intenzioni.
Tuttavia, chiunque accosti il pensiero e l'opera di Marx non può farlo in maniera innocente: deve essere consapevole della enorme congerie di lutti che il comunismo realizzato ha provocato spesso e volentieri in nome di Marx. Inoltre, e questo bisogna sempre scontarlo, Marx era a modo suo anche un "profeta", come lo chiamò Schumpeter, cioè un personaggio tanto carismatico da somigliare a un leader religioso. E non c'è dubbio che molti uomini e donne hanno preso le mosse dalle sue idee proprio per questo afflato che in qualche modo è collegato alla sua opera (Luciano Pellicani ha scritto pagine illuminanti su questo aspetto).
Esiste tra l'altro tutta una mitologia del marxismo, che non è un'invenzione sovietica ma risale agli anni immediatamente successivi alla morte di Marx ed è in parte dovuta ai vari Engels, Mehring, Kautsky, Bernstein e in genere alla socialdemocrazia tedesca (vedi in proposito la biografia Karl Marx. Greatness and Illusion di Gareth Stedman Jones) […].
Quello che meno resiste al tempo all'interno della visione di Marx è la sua accusa di inefficienza al capitalismo basata sulla teoria del valore-lavoro. Ciò tuttavia non depriva di significato l'idea di lotta di classe con il corollario dello sfruttamento. E se questo è vero, allora il tutto si può rendere compatibile con l'idea di giustizia distributiva, così centrale nel paradigma di chi scrive.