Com'è possibile che un fenomeno congiunturale, quale la crisi economica è di solito considerata, possa avere conseguenze politiche durature? E se è questo il caso, quali sono le conseguenze che dobbiamo analizzare con maggiore profondità e dettaglio? Quali meccanismi sono in atto, e come spiegarli?
Per affrontare tali questioni, vogliamo concentrarci sulla crisi europea, iniziata nel 2007, soprattutto negli Stati Uniti d'America, e proseguita nel 2008, ancora negli Stati Uniti e in Europa, e che in certi paesi è protratta almeno fino al 2014. In questo lasso di tempo abbiamo osservato come la crisi abbia colpito tutti i principali canali di espressione politica che una democrazia ha a disposizione.
Ma la prima ed ovvia domanda è: quali sono i principali risultati della ricerca su questo tema fino ad ora? Iniziamo dall'opinione comunemente accettata secondo la quale una crisi economica incide profondamente su una democrazia. Questo, in passato, è talora avvenuto in modo drammatico, con la caduta di un regime democratico, o quasi democratico, e l'instaurazione di un regime autoritario o addirittura totalitario, come nel caso della Germania.
Nel corso del secolo scorso, le crisi economiche sono anche state all'origine di altri cambiamenti radicali, ma anche di trasformazioni relativamente moderate e parziali. Pensiamo per esempio, al cosiddetto New Deal, negli Stati Uniti, o anche all'integrazione democratica dei partiti socialisti nordeuropei come conseguenze politiche della crisi nei primi anni '30 del ventesimo secolo; alla parziale creazione e alla diffusione dello stato sociale nella maggior parte delle democrazie europee come risultato della crisi derivante dalle distruzioni del secondo conflitto mondiale; allo sviluppo degli accordi neo-corporativisti, completato dallo sviluppo delle politiche di privatizzazione e deregulation alla fine degli anni '70, come a un modo per rispondere alla crisi di quegli anni e per aprire la strada al suo superamento.